Ho partecipato recentemente ad un seminario a Lucca, organizzato da Lucense con il patrocinio della Camera di Commercio, dove sono state condivise alcune riflessioni su come è evoluto nel tempo il rapporto azienda-cliente e come poter affrontare il suo mutevole bilanciamento nell'era dell'informazione.
Da subito il focus per il successo si è posizionato sulla capacità di interpretare interessi e bisogni dei clienti e più si è capaci di recuperare tali informazioni in lassi di tempo rapidi, maggiore è la probabilità di successo.
L'articolata introduzione di Martino Prati è stata volta a focalizzare l'attenzione su una risorsa, in linea teorica accessibile da tutti, costituita da moli di dati che possono contenere la chiave di volta per una strategia di successo, i Big Data.
In un contesto di mercato che non tornerà più come prima del 2008, giro di boa della "crisi", i concetti fondamentali del marketing sono rimasti ma i clienti si muovono con una cognizione diversa dovuta ad una minore capacità di spesa, alla globalizzazione distributiva, allo sviluppo tecnologico e all'immediato accesso alle informazioni di cui può necessitare compresi feedback e recensioni di un prodotto/servizio.
Chi in questi ultimi anni ha giocato la carta prezzo (mass marketing) non considerando come punto forza la qualità non ne è certo uscito illeso, se ancora è al suo posto, perchè le persone avendo minore capacità di spesa hanno concentrato le loro possibilità sul valore, su un prodotto magari più caro ma sicuramente più durevole nel tempo, più performante, più comodo.
Il crollo della barriera distributiva, che ha creato maggiore varietà e concorrenza, e la facilità di accesso a tecnologie ed informazioni hanno fatto sì che chiunque possa documentarsi e conoscere il prodotto anche più chi lo vende, non solo, le decisioni d'acquisto sono spesso basate su quello che altri acquirenti recensiscono, quindi prima ancora del prodotto/servizio in se stesso, e di conseguenza quello che conta si può riassumere in:
- Distinzione: story telling, esaltare caratteristiche di spicco e processi produttivi, differenziare il prodotto e quant'altro possa distinguerci positivamente dalla concorrenza.
- Valore: come già anticipato ad inizio articolo, l'utente non compra più ponendo particolare attenzione al prezzo ma dà risalto alla qualità del prodotto, e questo, dal punto di vista delle aziende italiane, può essere solo un vantaggio in virtù del fatto che in Italia, sia culturalmente che economicamente, la battaglia dei prezzi non può essere competitiva rispetto ad altri paesi.
Di seguito una slide che rappresenta la scala di differenziazione dove è ben evidenziato che ad oggi il mercato non si muove in funzione del prodotto, che per altro si trova all'ultimo gradino, ma i cardini sono ben altri:
Fig. 1 - Mercato 2015, scala di differenziazione
A questo punto si evince la complessità che hanno raggiunto i clienti dal punto di vista di acquirenti, pertanto affrontare ricerche di mercato in questa direzione con i metodi standard, mirate a colpire nel segno in un mezzo in costante mutazione, ci pone subito di fronte a dei limiti: tempi e costi. Questo potrebbe essere il motivo per cui tante PMI italiane nell'ultima decade hanno lavorato su dati soggettivi con ritorni, nella migliore delle ipotesi, non ottimizzati.
Pensiamo invece a quante informazioni utili possiamo trovare sui social network, basti pensare che in Italia la popolazione raggiunge i 26 miliardi e che 21 miliardi accedono almeno una volta al giorno a Facebook, e tra questi, 18 miliardi lo fanno da dispositivi mobili.
Ecco dove risiede la potenza dei Big Data, delle informazioni su interessi e opinioni di qualsiasi tipo e su qualsiasi argomento, di clienti o potenziali tali, che se ben segmentate con opportuni strumenti di analisi ed interpretate (e qua mi permetto di prevedere che si apriranno nel breve futuro nuovi ruoli e posti di lavoro di prestigio) possono dare un valore aggiunto all'azienda in termini di focus su campagne e progetti volti a migliorare l'offerta e la qualità del prodotto e sbagliare la concorrenza arrivando prima degli altri a sapere ciò che la gente vuole.
Abbassare il prezzo del prodotto e smettere di investire, in un momento di crisi, sono sicuramente l'inizio di un fallimento. Purtroppo molte PMI si sono lasciate sopraffare dal panico con finali più spiacevoli che inaspettati.